Non basta essere magri per essere felici

Se l’equivalenza fosse magrezza uguale bellezza, allora tutte le persone magre dovrebbe essere belle e magari anche felici. Mi sembra che nella quotidianità le cose non vadano esattamente così e che la felicità possa dipendere da svariati fattori. Avere un corpo che rispecchia i canoni che spesso la società ci presenta o che noi stessi riteniamo essere il “top”, potrebbe farci sentire meglio e magari potrebbe anche essere qualcosa che contribuisce ad aumentare l’autostima. Sfoggiare un corpo ideale non è però l’unica componente che crea l’autostima e anzi troppo spesso, basarsi solo su quello, potrebbe diventare rischioso. E ancora, se l’equivalenza fosse vera significherebbe che chi non è magro, chi non incarna quegli stereotipi, è destinato ad una vita infelice? Di nuovo, mi sembra che ci sia qualcosa che non torni. Autostima, corpo, magrezza, sono alcuni degli ingredienti del benessere psico-fisico ma non sono gli unici e soprattutto non sono le uniche regole che conducono alla felicità. La magrezza potrebbe aiutare a tenere alta l’autostima ma non è l’unica cosa che contribuisce a crearla. Il desiderio di dimagrire può rappresentare quindi una spinta propulsiva ad un cambiamento che potrebbe farci stare meglio: la felicità dipenderebbe dallo stare bene nel proprio corpo, dal sentirsi a proprio agio, dal guardarsi allo specchio e sorridere a se stessi. Ma se la magrezza diventa un pensiero costante, se detta le regole, se le nostre credenze si trasformano in algoritmi il cui unico risultato vuole essere un corpo perfetto, allora tutto diventa più faticoso e ci dimentichiamo che la nostra vita non è una scienza esatta, che non esistono regole che vanno bene per tutti. Indossare un corpo perfetto (perfetto per chi poi?) è la strada della felicità? Per indossare davvero il proprio corpo ci vuole ben di più che la magrezza, spesso ci vuole coraggio, quello di accettarsi così come si è, quello di fare degli sforzi per capire cosa c’è che non funziona, quello di capire qual è la strada della propria individualità e unicità, la strada della felicità insomma.

Grazie a “E” con cui ho condiviso questo articolo, lei sa che in queste parole c’è un pezzetto di lei.

 

 

 

I disturbi alimentari non vanno in vacanza

Siamo tornati dalle vacanze e pensiamo che la prova costume sia finita. In realtà per chi soffre di un disturbo alimentare, per chi fa fatica a mettersi davanti lo specchio, per chi vede il cibo come un nemico, la prova costume non finisce mai. La prova costume dura tutta la vita se faccio fatica ad accettare il mio corpo e sento il giudizio degli altri che pesa sulla mia pancia.

Bulimia del cuore

Bulimia

Anime ubriache di angosce.

Tentativi impacciati per svuotarsi di sofferenze.

Dolori insostenibili che stringono le viscere.

Tristezza liquida che sale fino alla gola, nodo che soffoca.

Conati di intolleranza.

Conati di giudizi.

Conati di insicurezza.

Vomito.

La prigionia. Il vuoto. La libertà.

Ma subito la bocca si fa amara: ha un sapore persistente un sapore che ti spinge a farlo ancora e ancora…

E’ la fame del cuore, sforzo maldestro di cavarsela contro bocconi che intossicano l’anima.

 

Specchio specchio del mio corpo

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La voglia di essere altro, di essere diversa da un corpo che non mi rappresenta.

Specchio specchio del mio corpo, oggi mi posso fidare del tuo riflesso?

La disarmante insoddisfazione mi assale.

Specchio specchio della mia sfida, cosa cerco io da te?

Dimora della perenne insoddisfazione e del non piacersi mai abbastanza.

Specchio specchio della non appartenenza, cosa vedono i miei occhi?

Scruto un corpo che vorrei non fosse questo.

Specchio specchio del mio dolore, come vorrei essere oggi?

Non credo di appartenere a questo corpo.

Specchio specchio della mia autostima, mi dirai il vero?

L’inadeguatezza che cela le insicurezze.

Specchio specchio della mia apparenza, quale sarà la sorte del mio essere?

L’anoressia non è più di moda: la nuova legge francese

ManichinoÈ del dicembre 2015 la legge francese che vieta alle ragazze troppo magre di sfilare in passerella. I Parigini dicono no a chi sfida la vita per “essere bella”, a chi rischia di morire per raggiungere il sogno di una magrezza esagerata, figlia di un disturbo mentale. I trasgressori verranno puniti con pene severe, multe fino a 75 mila euro e carcere fino a 6 mesi. Saranno i medici del lavoro a visitare le modelle o le aspiranti tali, a certificare che il loro indice di massa corporea, ossia il rapporto tra peso e altezza, non sia inferiore a 18: questa è la soglia limite di un peso che non è ancora patologico e che esclude la diagnosi di un disturbo alimentare. Ma siamo davvero sicuri che basti un certificato di buona salute ad attestare che non c’è niente di patologicamente conclamato? Un certificato può davvero misurare fino in fondo la possibile sofferenza che queste ragazze legate ad un corpo, che diventa immagine e marchio, provano? Può escludere le difficoltà e le pressioni a cui spesso sono sottoposte queste modelle? È solo di qualche tempo fa la denuncia da parte di Charli Howard Continua a leggere

Professione psicologa: il mio primo incontro con i disturbi alimentari

Disturbi Alimentari

Quando ho iniziato il Dottorato di ricerca in Neuroscienze presso il Centro Pilota Regionale per la Cura dei Disturbi Alimentari nell’Ospedale San Giovanni Battista di Torino ero una psicologa piena di buoni propositi. Ancora poco avvezza all’ambiente psichiatrico, con entusiasmo e tanta voglia di fare, mi sono ambientata mostrando sempre partecipazione e interesse. Qui ho conosciuto una dimensione nuova fatta soprattutto di giovani ragazze che arrivavano in Ospedale per provare a gestire un rapporto con il loro corpo troppo complicato e difficile. Alla parte di ricerca che conducevo per il Dottorato, affiancavo l’attività clinico – ambulatoriale che svolgevo quotidianamente. Mi interrogavo spesso sul perché il cibo per queste ragazze era diventato un’ossessione, sulle ragioni per cui riusciva a condizionare così fortemente la loro vita ma non ho mai creduto fino in fondo che tutto potesse limitarsi ad una questione legata al mangiare, al perdere peso. Dietro c’era molto, molto di piùSi trattava infatti di sintomi, segni di storie intense  Continua a leggere