È del dicembre 2015 la legge francese che vieta alle ragazze troppo magre di sfilare in passerella. I Parigini dicono no a chi sfida la vita per “essere bella”, a chi rischia di morire per raggiungere il sogno di una magrezza esagerata, figlia di un disturbo mentale. I trasgressori verranno puniti con pene severe, multe fino a 75 mila euro e carcere fino a 6 mesi. Saranno i medici del lavoro a visitare le modelle o le aspiranti tali, a certificare che il loro indice di massa corporea, ossia il rapporto tra peso e altezza, non sia inferiore a 18: questa è la soglia limite di un peso che non è ancora patologico e che esclude la diagnosi di un disturbo alimentare. Ma siamo davvero sicuri che basti un certificato di buona salute ad attestare che non c’è niente di patologicamente conclamato? Un certificato può davvero misurare fino in fondo la possibile sofferenza che queste ragazze legate ad un corpo, che diventa immagine e marchio, provano? Può escludere le difficoltà e le pressioni a cui spesso sono sottoposte queste modelle? È solo di qualche tempo fa la denuncia da parte di Charli Howard un’indossatrice inglese di 23 anni, che su Facebook, attraverso una lettera aperta, ha accusato l’agenzia di moda per cui lavorava di averla costretta a dimagrire ulteriormente, nonostante sfoggiasse già la taglia 38. Un’altra ragazza spagnola, ancora più giovane, di 17 anni, ha da poco lanciato una raccolta firme (che ne conta ad oggi quasi 112mila) contro quei “manichini” che sfoggiano gambe anoressiche e che incitano all’ossessione della perfezione. Questi sono solo alcuni degli esempi che fanno intuire che qualcosa si sta muovendo nel settore della moda e non solo, dove, senza fare di tutta l’erba un fascio, la sensibilità al corpo è più connessa ad un tema di apparenza estetica e gradimento che di accettazione e consapevolezza. La legge colpirà anche i siti web che incoraggiano la magrezza patologica, quella che minaccia la vita incitando all’anoressia e alla bulimia o, comunque, a perdere peso per conformarsi ad una bellezza fatua. Secondo la nuova normativa francese inoltre, tutte le riviste che pubblicheranno immagini di donne magrissime e ritoccate con Photoshop dovranno dichiarare che si tratta di foto modificate attraverso l’uso di programmi specifici. Provvedimenti come questi sono presi a tutela di chi sfila sulle passerelle e di chi, con occhi ingenui e spontanei, da spettatore segue stereotipi proposti da altri, che spesso assumono le forme di imperativi estetici. Sono indice di sensibilizzazione al tema dei disturbi alimentari, delle difficoltà di accettazione del proprio corpo. Perché non si muoia più di moda, perché si possa tirare su la faccia e sfilare nella vita di tutti i giorni con il coraggio delle proprie forme e del proprio corpo. E’ la denuncia di una tendenza, quella della magrezza, i cui confini troppo spesso sono poco chiari e confusi.