Assaggi di consapevolezza

1 settembre 2020

Mi chiamo Carmen Settanta e sono una psicologa, psicoterapeuta, insegnante di mindful eating. Sono dieci anni ormai che mi occupo di supportare le persone che soffrono di un disturbo alimentare che sia anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata. Ma poi poco importa l’etichetta, diciamo che cerco di aiutare le persone a trovare altri modi oltre il cibo per gestire la sofferenza, a guardarsi allo specchio con più amore e gentilezza verso se stessi e con meno giudizio, a smettere di fare la guerra al proprio corpo perché è una partita contro se stessi che non garantisce nessuna vittoria. E oggi 1 settembre 2020 ho deciso di usare i social per scrivere pensieri e riflessioni, perché spero di poter arrivare sia alle persone che soffrono sia a chi invece vuole imparare a dedicare più attenzione ai segnali che il nostro corpo ci invia quando è in procinto di iniziare o smettere di mangiare. Li chiamerò “assaggi di consapevolezza” che spero possano offrire spunti, riflessioni e idee per ascoltare la nostra pancia con molta più attenzione, gentilezza e rispetto. E ho scelto settembre che per me è  un po’ come uno spartiacque. Nella mia esperienza l’ho sempre un po’ sentito come un nuovo inizio, forse più del mese di gennaio. E’ chiaramente legato alla percezione che ognuno dà del proprio tempo. Il tempo non sa se è l’inizio o la fine, il tempo scorre inesorabilmente, inevitabilmente. E io oggi gli do l’accezione di attenzione e consapevolezza ma che sia soprattutto un tempo per l’esplorazione di se stessi e del proprio sentire. Che sia un tempo fresco e rigoglioso, pieno di speranza e profumo  come questo basilico!!! Buoni assaggi di consapevolezza a tutti!

Mindful Eating Torino, cibo per il cuore, cibo per la mente

Davvero tanto è il tempo che non scrivo sul mio blog ma è successo un po’ di tutto, la vita è andata avanti e ha fatto il suo corso (in ogni senso!). Sono tornata? No. In realtà ci sono sempre stata ma ora eccomi pronta a scrivere di un aggiornamento, di un progetto a cui tengo tantissimo: la mindful eating ovvero l’alimentazione consapevole. Ma di cosa sto parlando? E cosa c’entra il cuore con il cibo? Perché dovremmo essere consapevoli di quello che la pancia ci chiede di mangiare? La creazione del progetto Mindful Eating Torino vuole rispondere a queste e a tante altre domande sul tema dell’alimentazione consapevole. Per iniziare a riflettere sul rapporto tra come ci nutriamo e come stiamo, con noi stessi e con gli altri. Per capire finalmente che le emozioni sono il nostro nutrimento principale: sono loro che ci fanno sentire affamati o sazi.

POTERE AL CORPO

Potere al corpo, teatro delle nostre esistenze. Che spesso ci dimentichiamo di avere o diamo per scontato. Quello che ci permette di gioire, piangere, mangiare, dormire, godere, arrabbiarci, abbracciarci.

Potere al corpo che ci mette in relazione con il mondo, ci fa sentire l’altro, la sabbia sotto i piedi, il vento sulla pelle, la barba dei baci di papà, il solletico lungo i fianchi. 

Potere al corpo che vive di cibo e si nutre. Che sa riconoscere un gusto autentico. 

Potere al corpo che si trasforma e cambia. Che chiede una chance e merita fiducia. 

Potere al corpo che esalta le nostre emozioni, dà forza al nostro sentire.

Potere al corpo e non solo alla mente.

Potere al corpo che grida verità sempre e regala vita.

Buon compleanno Ostaggi del cibo

3 anni fa nasceva il mio mio progetto Ostaggi del cibo. È passato un po’ di tempo e sono contenta dei risultati ottenuti. Grazie a chi mi ha supportato, ai miei pazienti che sono fonte di speranza e coraggio. Nei miei articoli c’è sicuramente un pezzo di me ma tanto appartiene al loro sentire, a quelle emozioni che loro mi passano e che cerco di tradurre in parole. E grazie a tutti quelli che mi supportano anche solo con un like ai post di Facebook, a chi ora sta leggendo questo ringraziamento fino alla fine. E si va avanti perché Ostaggi del cibo è una rubrica, un momento di riflessione e di sensibilizzazione verso chi non conosce questo tipo di disturbo e lo sottovaluta. E sono dalla parte di chi, prima di mangiare, chiede il permesso al cibo, di chi si sente sopraffatto da piatti che divorano e sembrano famelici, di chi utilizza il cibo per colmare o placare vuoti enormi. La psicologia e la fotografia si fondono, la teoria e la pratica si completano per offrire un quadro che è forza, dolore, controllo, amore e mancanza. E sono dalla parte di chi, troppo poco spesso si accorge che curare il corpo significa nutrire.

Repost della poesia Ostaggi del cibo che inaugurava il blog il 28 aprile del 2016.

Prede e ricatti.

Sofferenza e speranza.

Vittime indiscriminate di un dolore sordo.

Anime prigioniere di se stesse. 

Piatti come macigni, voragini scivolose, vicoli ciechi che non meritano fiducia.

Sono ostaggio del cibo: lo vedo come un nemico, mi spaventa il suo potere.

Come un carnefice mi sevizia con i suoi odori, tenta iI mio desiderio per poi costringermi a serrare la bocca.

Sono prigioniera del cibo, che influenza la mia vita, mi obbliga. La sua forza mi sottomette.

Sul mio palato rimane solo l’amaro, il sapore indistinto di rinuncia e dolore.

Aspetto.

Chi mi salverà dalla conta senza sosta delle calorie ingerite? Chi mi solleverà dall’infame senso di colpa?

Chi ascolterà il mio grido? Chi colmerà il mio vuoto?

Il mio corpo cambia, si trasforma, ma non è mai abbastanza.

NON ESISTE IL PESO FORMA

Esiste un peso ed esiste una forma. Esiste il peso che ti fa star bene ed esiste la forma che caratterizza il tuo corpo. Certo, c’è un peso che ti assicura benessere e preserva la tua salute. E c’è una forma all’interno della quale ci si sente a proprio agio. Il “giusto”peso forma è quello che decidi tu sulla base del tuo sentire e non sui numeri imposti da una bilancia che può condizionare il tuo umore. Certo, se non sto bene nel mio corpo, se provo disagio, se alcune parti di me mi imbarazzano, posso fare delle scelte che mi portano ad avere un peso forma ma sempre come risultato di azioni consapevoli e non di modelli imposti dall’esterno.

Il Natale non arriva se soffri di un disturbo alimentare

Potrebbe essere vero che il Natale quando arriva, arriva (cit) o quanto meno, non passa inosservato…è il mondo attorno a noi a ricordarcelo: le città si colorano di rosso,  si vestono di luci e scintillii, si pensa a come riempire pacchetti regalo e grandi tavolate. Il Natale suscita reazioni e vissuti differenti nella mente, nel cuore e nel corpo di chi si appresta a vivere questo periodo dell’anno e il mio pensiero, in questi giorni, va a tutti i miei pazienti e non, a tutte le persone che soffrono di un disturbo alimentare o che, al di là delle etichette, sono in lotta con il proprio corpo e con il cibo.  Il Natale arriva anche per proporre menù pregiati e ricette prelibate, ma se qualcuno molla il conto delle calorie e si abbandona a qualche concessione (dicendosi: va beh, tanto sono arrivate le feste!), allo stesso modo è immaginabile quanta fatica possa fare a Natale, una persona che giornalmente fa i conti con la spietatezza delle calorie ingerite. Per molti, cenoni e feste possono assomigliare ad un tormento il cui ritornello urla di resistere e trattenersi dalle tavole inondate di cibo. Certo dev’essere forte, è come dire ad un alcolista di farsi un giro in una cantina senza poter assaggiare nulla…E un pensiero va anche ai familiari di chi soffre di un disturbo alimentare, a loro che si trovano nella difficoltà di non sapere bene come muoversi, cosa preparare, se festeggiare e con chi. Perché questo genere di problemi invade tutta la famiglia, crea situazioni ad alta tensione soprattutto nei momenti che precedono o seguono i pasti: la varietà, la qualità e la quantità dei cibi natalizi potrebbe essere un detonatore pronto a fare esplodere un conflitto “a cibo”. Se aggiungiamo poi che il Natale fa da sfondo al ritrovarsi con familiari che non si vedono da tempo, ecco che le sensazioni di sentirsi osservati e sotto giudizio, possono essere dietro l’angolo. Insomma se il Natale arriva anche per incontrarsi davanti al cibo, che rappresenta uno dei modi per far festa e per scambiarsi gli auguri, è anche credibile che dietro alle portate presentate in quantità industriale, come fosse l’ultimo Natale del mondo, si celino vissuti intimi e delicati, permeati di sofferenza e tensione.
Preciso che le riflessioni esposte fin qui, sono lontane dall’intento di demonizzare il periodo natalizio, le mie parole vorrebbero solo essere un gesto di empatia e vicinanza per chi, di fronte a bilanci e buoni propositi, fatica ad apprezzare se stesso e vive una lotta con il cibo che gli divora l’anima.