Ostaggi del cibo

Ostaggi del cibo è il tentativo di dare voce alla sofferenza che nasce da un cibo che appesantisce, dal vivere in un corpo che non è mai abbastanza, dalle emozioni che ne derivano e confondono. I protagonisti di questo progetto sono i piatti scalfiti dalle parole, dalle frasi, dai pensieri che riempiono o invadono la testa e il cuore. Accade di diventare ostaggi del cibo, spesso senza comprenderne la ragione, senza poter trovare via d’uscita. Ma un riscatto è possibile, di certo faticoso, costoso, ma vale la pena tentare, se la rivincita che ci aspetta è una vita nuova

Lo psicologo nel piatto: quando la dieta non basta più

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Dieta, magrezza, sacrificio, rinuncia, controllo. Cosa non si farebbe per perdere quei chili di troppo e sperare che la bilancia ci faccia l’occhiolino, rassicurandoci? E pensare che la parola dieta, dal greco δίαιτα, significa “modo di vivere” e indica le modalità volte a regolarizzare gli aspetti fondanti della vita quotidiana: alimentazione, sonno e movimento. Sicuramente oggi il termine ha assunto un altro valore, quello di un dimagrimento coatto, di una pratica rigida che diventa regime, nulla che abbia a che fare con l’idea di uno stile equilibrato o di una cura costante della propria vita. Quasi sempre, se l’obiettivo è perdere peso, uno dei primi passi è mettersi a dieta. Molti utilizzano tecniche fai da te come la riduzione, se non l’eliminazione, dei carboidrati, l’aumento dell’attività fisica, i digiuni, etc.; altri si rivolgono ad un professionista del settore (nutrizionista, dietista, dietologo) e seguono un percorso guidato, fatto di tecnica e strategia. Ma a volte questo non basta. Sindromi Continua a leggere

Insostenibile pesantezza

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Indosso chili di troppo.

Sono l’abito dell’insoddisfazione.

Una veste imbarazzante ricamata di vergogna e senso di colpa.

Ha la forma dell’esagerazione, è lacero il suo aspetto.

Vorrei liberarmi, trasformarmi, assomigliare alla leggerezza.

Il mio desiderio di perdere un grammo è la meta per guadagnare chili di libertà.

Sono un tutt’uno con il mio peso, che detta legge alla mia anima, la sottomette, scoraggia.

E adesso anche l’abito stretto della frustrazione conosce la mia misura.

Nell’ambito del progetto Ostaggi del cibo, con questo testo si completa il quadro delle categorie che definiscono i disturbi alimentari “propriamente detti”, Anoressia, Bulimia, BED. Nei precedenti articoli ho condiviso i miei pensieri e le mie riflessioni su quella che è la sofferenza che i pazienti portano nei loro racconti, vivono nel loro corpo. Perché al di là della magrezza o della pesantezza, delle restrizioni o delle abbuffate, delle qualità o della quantità dei cibi, i disturbi alimentari sono una modalità comunicativa, sono una strada per esprimere la sofferenza, un grido d’aiuto che dovrebbe fare eco nella coscienza di tutti.

Bulimia del cuore

Bulimia

Anime ubriache di angosce.

Tentativi impacciati per svuotarsi di sofferenze.

Dolori insostenibili che stringono le viscere.

Tristezza liquida che sale fino alla gola, nodo che soffoca.

Conati di intolleranza.

Conati di giudizi.

Conati di insicurezza.

Vomito.

La prigionia. Il vuoto. La libertà.

Ma subito la bocca si fa amara: ha un sapore persistente un sapore che ti spinge a farlo ancora e ancora…

E’ la fame del cuore, sforzo maldestro di cavarsela contro bocconi che intossicano l’anima.

 

Ostaggi del Cibo

Ostaggi del cibo

OSTAGGI DEL CIBO

Prede e ricatti.

Sofferenza e speranza.

Vittime indiscriminate di un dolore sordo.

Anime prigioniere di se stesse.

Piatti come macigni, voragini scivolose, vicoli ciechi che non meritano fiducia.

Sono ostaggio del cibo: lo vedo come un nemico, mi spaventa il suo potere.

Come un carnefice mi sevizia con i suoi odori, tenta iI mio desiderio per poi costringermi a serrare la bocca.

Sono prigioniera del cibo, che influenza la mia vita, mi obbliga. La sua forza mi sottomette.

Sul mio palato rimane solo l’amaro, il sapore indistinto di rinuncia e dolore.

Aspetto.

Chi mi salverà dalla conta senza sosta delle calorie ingerite? Chi mi solleverà dall’infame senso di colpa?

Chi ascolterà il mio grido? Chi colmerà il mio vuoto?

Il mio corpo cambia, si trasforma, ma non è mai abbastanza.

Queste parole accompagnano un lavoro condiviso, frutto delle idee di una psicologa e di una fotografa che hanno messo insieme competenze e entusiasmo, fondendoli nel progetto “Ostaggi del cibo”. Una rubrica, un momento di riflessione contro chi pensa che i disturbi alimentari siano capricci, risultato di una società che oggi dà troppo e con troppa facilità. Dalla parte di chi, prima di mangiare, chiede il permesso al cibo, di chi si sente sopraffatto da piatti che divorano e sembrano famelici, di chi utilizza il cibo per colmare o placare vuoti enormi. La psicologia e la fotografia si fondono, la teoria e la pratica si completano per offrire un quadro che è forza, dolore, controllo, amore e mancanza. Carmen Settanta e Tiziana Manta, unite dal desiderio comune di coinvolgere e sensibilizzare l’occhio di tanti, affrontano un tema non così lontano dalla vita di ognuno di noi, perché forse un po’ di sofferenza ci appartiene comunque. Appartiene a chi troppo poco spesso si accorge che curare il corpo significa nutrire l’anima.

L’anoressia non è più di moda: la nuova legge francese

ManichinoÈ del dicembre 2015 la legge francese che vieta alle ragazze troppo magre di sfilare in passerella. I Parigini dicono no a chi sfida la vita per “essere bella”, a chi rischia di morire per raggiungere il sogno di una magrezza esagerata, figlia di un disturbo mentale. I trasgressori verranno puniti con pene severe, multe fino a 75 mila euro e carcere fino a 6 mesi. Saranno i medici del lavoro a visitare le modelle o le aspiranti tali, a certificare che il loro indice di massa corporea, ossia il rapporto tra peso e altezza, non sia inferiore a 18: questa è la soglia limite di un peso che non è ancora patologico e che esclude la diagnosi di un disturbo alimentare. Ma siamo davvero sicuri che basti un certificato di buona salute ad attestare che non c’è niente di patologicamente conclamato? Un certificato può davvero misurare fino in fondo la possibile sofferenza che queste ragazze legate ad un corpo, che diventa immagine e marchio, provano? Può escludere le difficoltà e le pressioni a cui spesso sono sottoposte queste modelle? È solo di qualche tempo fa la denuncia da parte di Charli Howard Continua a leggere