Villa Margherita a Vicenza è la sede che mi ha ospitato per due giornate di lavoro molto intense. E’ stata una formazione in cui ho avuto il piacere di confrontarmi con operatori che lavorano nella struttura di degenza per pazienti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare. Tra la teoria e le pratiche di mindfulness e mindful eating, sono davvero state delle giornate all’insegna della pratica, della scoperta, della gentilezza. Un grazie speciale alla collega Patrizia Todisco che ha reso possibile tutto questo e con cui è stato bellissimo passare del tempo insieme lavorativo e non.
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Giornata nazionale del fiocchetto lilla
Oggi,15 Marzo, è la giornata nazionale dedicata alla sensibilizzazione e prevenzione dei disturbi alimentari. Tutti i giorni mi confronto con persone che al di là dell’etichetta di anoressia o bulimia o altro, mi raccontano di un profondo disagio e di una grande sofferenza. Il mio pensiero oggi va anche a tutti quei pazienti, uomini e donne, che non sono più con noi: non so se la causa sia il fatto che hanno perso la battaglia contro questi disturbi così invalidanti perché io credo che più parlare di battaglia, bisogna lavorare tantissimo sulla prevenzione ma in generale sulla sensibilizzazione: ognuno di noi merita di stare bene, nel corpo e con la mente. Il Nuovo Centro Clinico oggi inaugura un master di alta formazione sul trattamento dei disturbi alimentari (https://nuovocentroclinico.it/master-di-altra-formazione-disturbi-nutrizione-e-alimentazione/) e il Centro Libenter propone un’attività di arteterapia. Sono contenta di potervi raccontare che nel mio, nel nostro piccolo, stiamo provando a dire che non c’è salute senza salute mentale.
Il Natale non arriva se soffri di un disturbo alimentare
Ripropongo un post scritto nel 2018 ma che mi sembra ancora attuale.
Potrebbe essere vero che il Natale quando arriva, arriva (cit) o quanto meno, non passa inosservato…è il mondo attorno a noi a ricordarcelo: le città si colorano di rosso, si vestono di luci e scintillii, si pensa a come riempire pacchetti regalo e grandi tavolate. Il Natale suscita reazioni e vissuti differenti nella mente, nel cuore e nel corpo di chi si appresta a vivere questo periodo dell’anno e il mio pensiero, in questi giorni, va a tutti i miei pazienti e non, a tutte le persone che soffrono di un disturbo alimentare o che, al di là delle etichette, sono in lotta con il proprio corpo e con il cibo. Il Natale arriva anche per proporre menù pregiati e ricette prelibate, ma se qualcuno molla il conto delle calorie e si abbandona a qualche concessione (dicendosi: va beh, tanto sono arrivate le feste!), allo stesso modo è immaginabile quanta fatica possa fare a Natale, una persona che giornalmente fa i conti con la spietatezza delle calorie ingerite. Per molti, cenoni e feste possono assomigliare ad un tormento il cui ritornello urla di resistere e trattenersi dalle tavole inondate di cibo. Certo dev’essere forte, è come dire ad un alcolista di farsi un giro in una cantina senza poter assaggiare nulla…E un pensiero va anche ai familiari di chi soffre di un disturbo alimentare, a loro che si trovano nella difficoltà di non sapere bene come muoversi, cosa preparare, se festeggiare e con chi. Perché questo genere di problemi invade tutta la famiglia, crea situazioni ad alta tensione soprattutto nei momenti che precedono o seguono i pasti: la varietà, la qualità e la quantità dei cibi natalizi potrebbe essere un detonatore pronto a fare esplodere un conflitto “a cibo”. Se aggiungiamo poi che il Natale fa da sfondo al ritrovarsi con familiari che non si vedono da tempo, ecco che le sensazioni di sentirsi osservati e sotto giudizio, possono essere dietro l’angolo. Insomma se il Natale arriva anche per incontrarsi davanti al cibo, che rappresenta uno dei modi per far festa e per scambiarsi gli auguri, è anche credibile che dietro alle portate presentate in quantità industriale, come fosse l’ultimo Natale del mondo, si celino vissuti intimi e delicati, permeati di sofferenza e tensione.
Preciso che le riflessioni esposte fin qui, sono lontane dall’intento di demonizzare il periodo natalizio, le mie parole vorrebbero solo essere un gesto di empatia e vicinanza per chi, di fronte a bilanci e buoni propositi, fatica ad apprezzare se stesso e vive una lotta con il cibo che gli divora l’anima.
Assaggi di consapevolezza
1 settembre 2020
Mi chiamo Carmen Settanta e sono una psicologa, psicoterapeuta, insegnante di mindful eating. Sono dieci anni ormai che mi occupo di supportare le persone che soffrono di un disturbo alimentare che sia anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata. Ma poi poco importa l’etichetta, diciamo che cerco di aiutare le persone a trovare altri modi oltre il cibo per gestire la sofferenza, a guardarsi allo specchio con più amore e gentilezza verso se stessi e con meno giudizio, a smettere di fare la guerra al proprio corpo perché è una partita contro se stessi che non garantisce nessuna vittoria. E oggi 1 settembre 2020 ho deciso di usare i social per scrivere pensieri e riflessioni, perché spero di poter arrivare sia alle persone che soffrono sia a chi invece vuole imparare a dedicare più attenzione ai segnali che il nostro corpo ci invia quando è in procinto di iniziare o smettere di mangiare. Li chiamerò “assaggi di consapevolezza” che spero possano offrire spunti, riflessioni e idee per ascoltare la nostra pancia con molta più attenzione, gentilezza e rispetto. E ho scelto settembre che per me è un po’ come uno spartiacque. Nella mia esperienza l’ho sempre un po’ sentito come un nuovo inizio, forse più del mese di gennaio. E’ chiaramente legato alla percezione che ognuno dà del proprio tempo. Il tempo non sa se è l’inizio o la fine, il tempo scorre inesorabilmente, inevitabilmente. E io oggi gli do l’accezione di attenzione e consapevolezza ma che sia soprattutto un tempo per l’esplorazione di se stessi e del proprio sentire. Che sia un tempo fresco e rigoglioso, pieno di speranza e profumo come questo basilico!!! Buoni assaggi di consapevolezza a tutti!
I disturbi alimentari non vanno in vacanza
Siamo tornati dalle vacanze e pensiamo che la prova costume sia finita. In realtà per chi soffre di un disturbo alimentare, per chi fa fatica a mettersi davanti lo specchio, per chi vede il cibo come un nemico, la prova costume non finisce mai. La prova costume dura tutta la vita se faccio fatica ad accettare il mio corpo e sento il giudizio degli altri che pesa sulla mia pancia.
I disturbi alimentari non sono capricci
Basta solo che mangi un po’ di più! Ma che ci vuole? Devi solo metterti a dieta. Serve solo un po’ di impegno. Con la buona volontà ce la farai.
Queste e molte altre sono le frasi che sentiamo proferire da chi crede che la dieta sia l’unica soluzione. Da chi pensa che essere in peso-forma sia l’unico modo per stare bene con se stessi. Da chi giudica l’aspetto fisico in maniera intransigente e considera il corpo come un portare di chili. Da chi non pensa che un disturbo alimentare sia molto di più che avere poca volontà.
A farne le spese è l’autostima, la forza di volontà, la determinazione di chi, divorato dai problemi con il cibo, sente certe frasi come ferite sulla propria pelle. Di chi ha ormai l’animo lacerato da frasi fatte e luoghi comuni. Di chi del giudizio altrui ne fa il proprio nutrimento quotidiano e consegna alla bilancia il proprio valore. Di chi soffre di un disturbo alimentare e fa fatica ad ammetterlo anche a se stesso.
Ognuno ha il proprio rapporto con il cibo e ogni giorno si confronta con ciò che mangia, spesso cercando patti e compromessi con piatti che sembrano spietati. Ognuno si confronta con il proprio aspetto fisico che delle volte sembra non essere mai abbastanza, mai in linea con canoni auto-imposti. Esiste però una linea di protezione che consentirebbe di proteggersi? Di respirare un po’ di leggerezza al di là chili di troppo? Sì, esiste. Esiste davvero. E’ quel varco che permette di dire che c’è una difficoltà, che farcela da soli è troppo faticoso. E’ quel delicato passaggio che va dall’imbarazzo alla voglia di prendersi cura di se stessi; dall’ennesima dieta non seguita abbastanza al sentirsi libero dai sensi di colpa.
Perché le diete non sono mai le soluzioni, non sono un modo di volersi bene di più e di accettarsi meglio, se il dolore è nel corpo e si lotta per accettare se stessi.