Dopo 5 anni sono tornata a suonare questo campanello, quello della STPC, “studio torinese psicologia cognitiva”. Entro con un’altra veste: sarò la cotrainer di un gruppo di 16 psicologi, 16 persone che vogliono formarsi per diventare futuri nuovi e consapevoli psicoterapeuti, per me uno dei mestieri più bello ma impegnativo nello stesso tempo. Un mix di emozioni ha pervaso questo primo weekend insieme ma dopo aver salutato tutti, stasera rientro a casa con un grande senso di gratitudine che mi pervade e mi incoraggia a perseguire i miei sogni.
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Il Natale non arriva se soffri di un disturbo alimentare
Ripropongo un post scritto nel 2018 ma che mi sembra ancora attuale.
Potrebbe essere vero che il Natale quando arriva, arriva (cit) o quanto meno, non passa inosservato…è il mondo attorno a noi a ricordarcelo: le città si colorano di rosso, si vestono di luci e scintillii, si pensa a come riempire pacchetti regalo e grandi tavolate. Il Natale suscita reazioni e vissuti differenti nella mente, nel cuore e nel corpo di chi si appresta a vivere questo periodo dell’anno e il mio pensiero, in questi giorni, va a tutti i miei pazienti e non, a tutte le persone che soffrono di un disturbo alimentare o che, al di là delle etichette, sono in lotta con il proprio corpo e con il cibo. Il Natale arriva anche per proporre menù pregiati e ricette prelibate, ma se qualcuno molla il conto delle calorie e si abbandona a qualche concessione (dicendosi: va beh, tanto sono arrivate le feste!), allo stesso modo è immaginabile quanta fatica possa fare a Natale, una persona che giornalmente fa i conti con la spietatezza delle calorie ingerite. Per molti, cenoni e feste possono assomigliare ad un tormento il cui ritornello urla di resistere e trattenersi dalle tavole inondate di cibo. Certo dev’essere forte, è come dire ad un alcolista di farsi un giro in una cantina senza poter assaggiare nulla…E un pensiero va anche ai familiari di chi soffre di un disturbo alimentare, a loro che si trovano nella difficoltà di non sapere bene come muoversi, cosa preparare, se festeggiare e con chi. Perché questo genere di problemi invade tutta la famiglia, crea situazioni ad alta tensione soprattutto nei momenti che precedono o seguono i pasti: la varietà, la qualità e la quantità dei cibi natalizi potrebbe essere un detonatore pronto a fare esplodere un conflitto “a cibo”. Se aggiungiamo poi che il Natale fa da sfondo al ritrovarsi con familiari che non si vedono da tempo, ecco che le sensazioni di sentirsi osservati e sotto giudizio, possono essere dietro l’angolo. Insomma se il Natale arriva anche per incontrarsi davanti al cibo, che rappresenta uno dei modi per far festa e per scambiarsi gli auguri, è anche credibile che dietro alle portate presentate in quantità industriale, come fosse l’ultimo Natale del mondo, si celino vissuti intimi e delicati, permeati di sofferenza e tensione.
Preciso che le riflessioni esposte fin qui, sono lontane dall’intento di demonizzare il periodo natalizio, le mie parole vorrebbero solo essere un gesto di empatia e vicinanza per chi, di fronte a bilanci e buoni propositi, fatica ad apprezzare se stesso e vive una lotta con il cibo che gli divora l’anima.
Quel capitolo che mi regala soddisfazione
Scrivere il capitolo di un libro così completo e ricco, regala soddisfazione e gratificazione. L’impegno non è stato poco ma grazie al mio gruppo di lavoro la fatica è diventata un impegno condiviso e si è trasformata in orgoglio.
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Libertà per le emozioni
Quasi verso le fine di un percorso di psicoterapia, una mia paziente mi regala queste parole. Mi manda un whatsapp con il suo elenco di “cose” che ha capito durante il percorso fatto insieme. Mi sembra il manifesto del suo sentire, un grido per la libertà delle sue emozioni, ma forse anche per quelle di ognuno di noi: le trovo così umane, così vere queste parole. Qualche nutrizionista potrebbe dissentire per l’ultima frase ma io mi commuovo comunque perché sono fiera del lavoro intenso e spesso faticoso fatto insieme. Grazie ad A che mi ha permesso di pubblicare un pezzo di sé.
Il nutrizionista dell’anima
Repost di un articolo del 31 Ottobre 2016
Dieta, magrezza, sacrificio, rinuncia, controllo. Cosa non si farebbe per perdere quei chili di troppo e sperare che la bilancia ci faccia l’occhiolino, rassicurandoci? E pensare che la parola dieta, dal greco δίαιτα, significa “modo di vivere” e indica le modalità volte a regolarizzare gli aspetti fondanti della vita quotidiana: alimentazione, sonno e movimento. Sicuramente oggi il termine ha assunto un altro valore, quello di un dimagrimento coatto, di una pratica rigida che diventa regime, nulla che abbia a che fare con l’idea di uno stile equilibrato o di una cura costante della propria vita. Quasi sempre, se l’obiettivo è perdere peso, uno dei primi passi è mettersi a dieta. Molti utilizzano tecniche fai da te come la riduzione, se non l’eliminazione, dei carboidrati, l’aumento dell’attività fisica, i digiuni, etc.; altri si rivolgono ad un professionista del settore (nutrizionista, dietista, dietologo) e seguono un percorso guidato, fatto di tecnica e strategia. Ma a volte questo non basta. Sindromi metaboliche a parte, capita spesso di sentire la forza di volontà alla deriva, i buoni propositi vacillare e di trovarsi dispersi in un mare di sacrifici che non danno soddisfazioni. E’ qui che si inizia ad annaspare tra diete miracolose e snacks togli-fame, tra pillole magiche e barrette chiudi-stomaco, invocando il dio della magrezza nella speranza che la fame svanisca e silenzi la pancia. Last but not least, arriva l’ondata di stati d’animo pronti ad influenzare il nostro cammino: insoddisfazione, frustrazione, tristezza, delusione, fatica, angoscia. Stati d’animo uguale emozioni. Così è subito chiaro che le figure professionali che si occupano del corpo in termini di dimagrimento non bastano più. Non è più sufficiente seguire indicazioni su grammature di carboidrati e proteine. E’ in questi momenti che lo psicologo può fare la sua comparsa, non per sostituire il nutrizionista o il dietologo ma per lavorare a fianco a loro. Ancora di più se ti guardi allo specchio e senti la preoccupazione e l’angoscia per le forme del tuo corpo, se ti concentri su una parte che vorresti modificare o eliminare; se il cibo diventa un pensiero costante e la tua giornata è scandita dal tempo dei pasti; se hai un’intensa paura di prendere peso o di diventare grasso. Concludendo: per dimagrire serve lo psicologo? Sì, se parliamo dei cosiddetti disturbi del comportamento alimentare. Sì, se al di là di una diagnosi netta c’è sofferenza nel rapporto con il proprio corpo e con il cibo. Se le abitudini alimentari si alterano al punto tale da condizionare la tua vita e quella delle persone che ti stanno accanto. La sinergia tra psicologo e nutrizionista o dietologo è fondamentale se si coopera contro le formule magiche di dimagrimento, uniche e perfette; contro tutte quelle diete che promettono oasi di speranze ingannevoli e che alimentano desideri irrealizzabili. E’ una collaborazione preziosa, a favore di chi soffre per un peso ideale che sembra non essere mai abbastanza. Perché è proprio l’unione delle competenze a fare la completezza e completezza è sinonimo di competenza. Lo psicologo dunque non “serve” esclusivamente per dimagrire. Ma è funzionale soprattutto se il dimagrimento è visto come il risultato di un processo di ricerca di equilibrio e benessere, di sinergia tra corpo e mente, di accettazione e accoglienza del proprio essere. Uno psicologo non ha formule magiche ma si basa sulle individualità e sulle specificità dei singoli, tenendo conto del carattere, della personalità, di quei dettagli emotivi che rendono unica e speciale ogni persona. Così come nessuna dieta fa dimagrire allo stesso modo, perché ognuno è caratterizzato dalla propria fisicità e dal proprio metabolismo, allo stesso modo il lavoro dello psicologo sulle emozioni legate al corpo e al cibo varia da persona a persona. Alla stregua di un nutrizionista dell’anima, lo psicologo si occupa dell’equilibrio della mente, del metabolismo del cuore, della salute psico-fisica insomma. Che cosa ti appesantisce? Che cosa non ti permette di sentirti leggero? Qual è il nutrimento per la tua anima? Che gusto ha il sapore della tua felicità?
7 giorni in consapevolezza
Ho pensato tanto alla possibilità di condividere o no l’esperienza di un ritiro di meditazione di 7 giorni…la mia prima volta in cui mi isolavo dalla quotidianità: giorni pieni e intensi. Ma è nel racconto a voce, fatto agli altri, che ho pensato che condividerlo nero su bianco poteva significare rifletterci ancora su e descrivere più nel dettaglio, come se potessi concedermi la possibilità di sbobinare la registrazione di un’esperienza così unica nella sua particolarità. Ed è nel silenzio di quei 7 giorni lungamente vissuti che tante di queste cose che ora condivido sono emerse, tra una meditazione e un’altra, tra un respiro e un altro, tra un pensiero e altri mille.
Sono stata come una che ha capito solo dopo che per degustare i frutti di questo viaggio sarebbe stato necessario farlo sedimentare nel tempo
Sto come una che si rende conto che le parole possono solo vagamente descrivere una settimana che è stata un’esperienza dell’anima
Sono stata come una che al primo giorno si sentiva pronta a fare del motto “meditare duro” il leitmotiv della settimana
Sto come una che al secondo giorno è passata a “meditare fattibile e gentile”
Sono stata come una che ha sperimentato l’alternanza dei flussi di consapevolezza e ha sentito le perturbazioni della mente scimmia
Sto come una che imparato a degustare il cibo lentamente, condendolo con il silenzio
Sono stata come una che ha contato i giorni e ha calendarizzato come si sarebbe sentita l’ultimo
Sto come una che oggi più spesso si chiede: “cosa sto coltivando ora”?
Sono stata come una che ha moderatamente contenuto la mancanza della quotidiana routine
Sto come una che spesso ripensa a quei giorni, a quell’assordante rumore di silenzio
Sono stata come una che non conosceva nulla dei suoi compagni di viaggio ma ne ha avvertito la silenziosa presenza
Sto come una che ha sperimentato i poteri della mente che contempla se stessa con consapevolezza
Sono stata come una che è stata scombussolata da una realtà così differente dall’ordinario
Sto come una che ha iniziato ad intuire il vero senso dell’accettazione del proprio sentire
E ora sto