I disturbi alimentari non vanno in vacanza

Siamo tornati dalle vacanze e pensiamo che la prova costume sia finita. In realtà per chi soffre di un disturbo alimentare, per chi fa fatica a mettersi davanti lo specchio, per chi vede il cibo come un nemico, la prova costume non finisce mai. La prova costume dura tutta la vita se faccio fatica ad accettare il mio corpo e sento il giudizio degli altri che pesa sulla mia pancia.

Il cibo non è un nemico

Siamo vivi perché respiriamo e poi perché guardiamo, ascoltiamo, sentiamo e facciamo tante altre cose, ma non potrebbe essere così se non mangiassimo. Sì esatto, “io mangio” è voce del verbo vivere. Il cibo è nutrimento e la fisiologia del nostro corpo ci impone di mangiare: come un’auto che ha bisogno del suo carburante, come un fiore a cui servono l’acqua e il sole, come una barca che non si muove se non nell’acqua, come un elettrodomestico che va attaccato alla spina per funzionare.

Ecco perché sentire il cibo come un nemico è come andare contro natura: se mangio troppo poco il mio corpo perde energia e rallenta il suo potenziale, se ingurgito tanto cibo ed esagero mi sembrerà di scoppiare.

Ma in entrambi i casi l’equilibrio psicofisico è in bilico ed alcuni processi vitali sono compromessi: mangiare e trarre piacere dal cibo che ci nutre. Sì perché “io mangio” è voce del verbo vivere ma anche del verbo godere: il cibo nutre il corpo, gli occhi, il palato ma anche l’anima e il cuore. Il cibo alimenta il piacere e la felicità, fissati nella nostra memoria di esseri umani.

Ogni persona ha un rapporto personale con il cibo, mediato dalle ideologie, dall’ambiente familiare, dalla cultura di appartenenza. Alcune persone però sono lontane dalla naturalezza e dalla spontaneità che ci lega al cibo. E per motivi che, nella maggior parte dei casi si ricollegano a tematiche emotive, il cibo diventa carnefice e rende vittima. Più esattamente,

il cibo è un nemico se spaventa.

Il cibo è un nemico se diventa un pensiero costante.

Il cibo è un nemico se mi perdo nella conta delle sue calorie.

Io cibo è un nemico se il senso di colpa mi pervade dopo il primo boccone.

Avere un buon rapporto con il cibo può non essere scontato, ma un nuovo approccio si può imparare (magari facendosi aiutare) ed è per questo che diventa importante chiedersi che valore ha il cibo nella propria vita e se non è un nemico ma un alleato verso il benessere.

Il cibo non è un nemico se diventa nutrimento per il mio corpo e il mio cuore.

Il cibo non è un nemico se lo vivo con leggerezza.

Il cibo non è un nemico se tutti i giorni è una scelta consapevole.

Il cibo non è un nemico se godo del suo gusto e del suo sapore.

I disturbi alimentari non sono capricci

Basta solo che mangi un po’ di più! Ma che ci vuole? Devi solo metterti a dieta. Serve solo un po’ di impegno. Con la buona volontà ce la farai.

Queste e molte altre sono le frasi che sentiamo proferire da chi crede che la dieta sia l’unica soluzione. Da chi pensa che essere in peso-forma sia l’unico modo per stare bene con se stessi. Da chi giudica l’aspetto fisico in maniera intransigente e considera il corpo come un portare di chili. Da chi non pensa che un disturbo alimentare sia molto di più che avere poca volontà.

A farne le spese è l’autostima, la forza di volontà, la determinazione di chi, divorato dai problemi con il cibo, sente certe frasi come ferite sulla propria pelle. Di chi ha ormai l’animo lacerato da frasi fatte e luoghi comuni. Di chi del giudizio altrui ne fa il proprio nutrimento quotidiano e consegna alla bilancia il proprio valore. Di chi soffre di un disturbo alimentare e fa fatica ad ammetterlo anche a se stesso.

Ognuno ha il proprio rapporto con il cibo e ogni giorno si confronta con ciò che mangia, spesso cercando patti e compromessi con piatti che sembrano spietati. Ognuno si confronta con il proprio aspetto fisico che delle volte sembra non essere mai abbastanza, mai in linea con canoni auto-imposti. Esiste però una linea di protezione che consentirebbe di proteggersi? Di respirare un po’ di leggerezza al di là chili di troppo? Sì, esiste. Esiste davvero. E’ quel varco che permette di dire che c’è una difficoltà, che farcela da soli è troppo faticoso. E’ quel delicato passaggio che va dall’imbarazzo alla voglia di prendersi cura di se stessi; dall’ennesima dieta non seguita abbastanza al sentirsi libero dai sensi di colpa.

Perché le diete non sono mai le soluzioni, non sono un modo di volersi bene di più e di accettarsi meglio, se il dolore è nel corpo e si lotta per accettare se stessi.

Vivere e mangiare

Non è sempre un aut aut ma può capitare di sentire che il cibo diventi l’unica ragione di vita e quindi vivere equivale a mangiare. Sì certo, senza cibo non si vive, e come un auto non si muove senza il suo carburante, così noi abbiamo bisogno di cibo per andare avanti. Insomma il cibo può trasformarsi in un chiodo fisso, in un’opportunità, in angoscia, in unione, in incertezza, in conforto. Mangiare per vivere o vivere per mangiare? A voi la riflessione.

 

Ostaggi del cibo

Ostaggi del cibo è il tentativo di dare voce alla sofferenza che nasce da un cibo che appesantisce, dal vivere in un corpo che non è mai abbastanza, dalle emozioni che ne derivano e confondono. I protagonisti di questo progetto sono i piatti scalfiti dalle parole, dalle frasi, dai pensieri che riempiono o invadono la testa e il cuore. Accade di diventare ostaggi del cibo, spesso senza comprenderne la ragione, senza poter trovare via d’uscita. Ma un riscatto è possibile, di certo faticoso, costoso, ma vale la pena tentare, se la rivincita che ci aspetta è una vita nuova